a cura di Martina Casadio
Nella storia della cultura occidentale lo stemma è uno dei pochi esempi di linguaggio figurato. Formalmente composto da uno scudo su cui vengono posate figure, nasce come segno di riconoscimento e si trasforma nel tempo in simbolo di prestigio e marchio di proprietà. Scolpito su palazzi, fontane, chiese e porte di accesso alle città o inciso su argenti e suppellettili, indica possesso, diritto di giurisdizione e di dominio, trasmettendosi di padre in figlio come rappresentazione tangibile di coesione e continuità. Roma racconta la sua storia attraverso i numerosi stemmi che si stagliano su monumenti di ogni tipo, a sottolineare il ruolo dei mecenati e committenti più illuminati, cardinali, papi o principi che fossero.
Papa Gregorio XIII Boncompagni è tra questi: tra i massimi protagonisti del XVI secolo, fu docente di diritto all’Università di Bologna e colto giurista nei difficili anni della Riforma luterana. Il suo stemma gentilizio, il drago, divise protestanti e cattolici: i primi lo giudicavano la rappresentazione dell’Anticristo (come scritto nell’Apocalisse), i secondi l’animale fantastico che veglia sui destini del mondo. Secondo gli studi più accreditati di araldica il drago Boncompagni deriverebbe dalla discendenza della famiglia dai Dragoni dell’Umbria, il cui stemma presentava tre mezzi draghi dorati. Quando si originò il ramo bolognese dei Boncompagni si mantenne un solo drago, mentre il legame con i Ludovisi sul finire del XVII secolo vi introdusse le note bande d’oro oblique sullo sfondo. Da sempre associato ad un significato negativo perchè ritenuto una creatura generata da un serpente che ne ha divorato un altro, il “drago del papa”, ad osservarlo bene, presenta un dettaglio tutt’altro che trascurabile: una coda mozzata. Giacomo Boncompagni, figlio di Ugo Boncompagni prima divenire papa, in occasione della salita al soglio pontificio del padre aveva ingaggiato alcuni iconografi e letterati del tempo per creare il giusto emblema e dare una connotazione positiva al drago. La mancanza della coda, dove si riteneva venisse conservato il veleno della feroce creatura, lo rendeva perciò innocuo.
Il Museo Boncompagni Ludovisi ricorda lo stemma di papa Gregorio XIII in molti dettagli architettonici (portone d’ingresso, finestre, fontane e pitture della grande volta del salone delle vedute), pittorici e decorativi. Tra i più interessanti ricordiamo i molti draghi presenti nel Ritratto di Gregorio XIII colto nell’atto di redigere il famoso calendario gregoriano o il Mappamondo seicentesco del celebre incisore di Strasburgo Matthäus Greuter personalizzato e dedicato all’illustre famiglia.
Bibliografia
V. Filamingo, Storia e arredi originali in “Museo Boncompagni Ludovisi per le arti decorative, il costume e la moda dei secoli XIX e XX: guida breve”, Editoriale Artemide, Roma, 2018, pp. 21-31.
G. Zamagni, Il valore del simbolo, Il Ponte Vecchio, Cesena, 2003.