Donne che hanno inventato i grandi musei. Palma Bucarelli e il suo guardaroba.

a cura di Francesca Quarantini In occasione della Giornata internazionale della donna, l’8 marzo 2024 il museo Boncompagni Ludovisi ha voluto rendere omaggio, con due visite guidate, a una protagonista del mondo dell’arte del secolo scorso, illustrando, attraverso le creazioni di moda, lo stile e la storia di una donna che ha inciso profondamente nella cultura del suo tempo. Direttrice della Galleria nazionale d’arte moderna dal 1940 al 1975, Palma Bucarelli ha il merito di aver introdotto le ultime istanze dell’arte contemporanea in Italia, superando il pregiudizio estetico e culturale, non solo del pubblico ma anche delle istituzioni, come dimostrano ben due interpellanze parlamentari di cui sono state oggetto le sue scelte artistiche. Donna carismatica e all’avanguardia, Palma Bucarelli rappresenta un modello femminile ante litteram di manager con indiscusse capacità gestionali e comunicative, in grado di affermare la propria visione, nel segno del rinnovamento, ottenendo riconoscimenti anche sul piano internazionale. Risale al 1996, due anni prima della morte, la sua prima donazione di abiti per il neonato Museo Boncompagni Ludovisi. La figura di Palma Bucarelli viene quindi ricordata attraverso il suo rapporto con la moda, che lei stessa considerava una forma di arte, per la quale la ricerca del bello e la qualità dell’esecuzione diventano un mezzo espressivo e al contempo un prodotto di eccellenza per l’affermazione del Made in Italy. Gli abiti esposti, realizzati da note sartorie italiane, rivelano anche nella scelta del look la sua trasversalità estetica: austera e formale in ambito lavorativo, con i suoi tailleur monocromatici; sportiva e casual nel tempo libero, fu tra le prime a indossare i blue jeans; elegante e raffinata nelle occasioni mondane con abiti di alta moda cuciti su misura. Ricordiamo, ad esempio, il ricevimento del 3 giugno 1959, tenutosi al Quirinale, in onore della visita dei reali di Grecia, dove Palma indossa un completo da gran sera confezionato dalle Sorelle Botti, su modello di Balenciaga, composto da un abito in raso di seta, color salmone, con scollo drappeggiato e ampia gonna a corolla e da un mantello con cappuccio tono su tono, arricchito con motivi dorati. Bibliografia: M. Amaturo, La bellezza dell’intelligenza. Un nuovo allestimento tra restauri e acquisizioni in OADI numero 27 giugno 2023 M. Margozzi e A. Marullo (a cura di), La Palma dell’eleganza. La donazione di Palma Bucarelli al Museo Boncompagni Ludovisi, catalogo della mostra (Roma, Museo Boncompagni Ludovisi, 27 giugno – 30 settembre 2012), Fabbrigrafica ADV, Roma 2012 L. Cantatore e E. Sassi, Palma Bucarelli. Immagini di una vita, Palombi Editori, Roma 2011 R. Ferrario, Regina di quadri. Vita e passioni di Palma Bucarelli, Mondadori, Milano 2010 M. Margozzi (a cura di) Palma Bucarelli, Il museo come avanguardia, Electa, Roma 2009

La scoperta del design: lo scrittoio Bugatti

a cura di Martina Casadio Carlo Bugatti (1856-1940) è una delle figure più singolari e innovative nella storia del design. Artista, designer e artigiano, Bugatti ha dato vita a creazioni uniche che combinano influenze orientali, arabe e giapponesi con uno stile modernista del tutto personale. Le sue opere non solo sfidano le convenzioni estetiche, ma trasformano il mobile in una vera e propria opera d’arte. In un’epoca in cui il design seguiva regole rigide, Bugatti ha portato avanti una visione coraggiosa, esotica e sperimentale che ancora oggi influenza l’estetica degli arredi. Nato nel 1856, proveniva da una famiglia di artisti e artigiani. Studiò Belle Arti a Milano e poi a Parigi, dove si avvicinò a tendenze artistiche che avrebbero profondamente influenzato il suo stile. La sua formazione spaziava dall’architettura alla pittura, ma fu nel design di mobili che trovò la sua vera vocazione. Nonostante fosse immerso nella cultura occidentale, Bugatti si distaccò dai canoni classici cercando ispirazione nell’arte orientale e nelle forme organiche e allontanandosi così dagli stili decorativi della sua epoca. Per Carlo Bugatti i mobili non erano semplici oggetti d’uso quotidiano ma opere d’arte autonome. La sua visione era quella di creare pezzi che avessero una propria identità estetica, capaci di evocare atmosfere lontane e mondi esotici. Questo approccio ha contribuito a rendere i suoi arredi oggetti di culto per i collezionisti e ha segnato una svolta nell’idea stessa di design, trasformandolo in un’esperienza artistica. Lo Scrittoio per signora con sedia (1890) rappresenta un esempio perfetto dell’arte di Bugatti. Qui l’artista ripropone alcune soluzioni stilistiche già utilizzate in altri suoi scrittoi, arricchendolo però con una decorazione unica. Di dimensioni contenute, lo scrittoio spicca per i dettagli finemente curati e l’eccezionale precisione esecutiva, oltre che per la varietà dei materiali impiegati: la struttura in legno ebanizzato è impreziosita da rivestimenti in pergamena e inserti in rame sbalzato, peltro e osso, mentre la sedia si caratterizza per originali elementi in corda. Acquisito nel 2023 dal Ministero della Cultura su segnalazione dell’Ufficio Esportazioni di Genova, costituisce un ingresso di grandissimo prestigio per le collezioni del Museo Boncompagni Ludovisi. Bibliografia S. Simi, Carlo Bugatti (1856-1940): una fantasia architettonica nella produzione dei mobili, in “Arte/Documento, Rivista di Storia e Tutela dei Beni Culturali”, n. 4, Electa, Milano 1990, pp. 178-183. I. De Guttry, M. P. Maino, Il mobile liberty italiano, Laterza, Roma, 1983.

Roma 1911: il paesaggio urbano di Umberto Prencipe

a cura di Martina Casadio La “Grande veduta di Roma” di Umberto Prencipe (Napoli, 1879 – Roma, 1962) conservata al Museo Boncompagni Ludovisi è un’opera che stupisce e attrae molti visitatori. Il suo formato fuori dal comune (cm 450 x 310) domina la sala dedicata a Modernismo e Decò e colpisce per la particolarità del soggetto: il dipinto guarda il sorgere del sole dallo scomparso convento dell’Ara Coeli. Al centro la Torre dei Conti e il Tempio di Minerva, a destra il Colosseo, la Torre delle Milizie in primo piano circondata da rovine e ruderi insoliti e sullo sfondo il colle di San Pietro in Vincoli. Dove sono le chiese e gli edifici moderni? Quale città sta guardando Prencipe? Di sicuro non la Roma di inizio ‘900 ma una Roma del passato: il soggetto infatti non è dipinto dal vivo ma è tratto da un disegno della fine del 1400 di un un taccuino di viaggio molto celebre, il cosiddetto Codice Escurialense (1490 circa) così chiamato perché parte delle raccolte dell’Escorial. Il volumetto, attribuito quasi certamente alla cerchia dell’architetto fiorentino Giuliano da Sangallo, è molto eterogeneo e contiene studi di celebri sculture antiche e rilievi, vasi, ornamenti e architetture, vedute e schizzi panoramici. Il risultato è una sintesi di quanto si poteva ancora ammirare dell’antica Roma tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Prencipe copia il disegno e lo ingrandisce con il sistema della quadrettatura per renderlo un’opera maestosa e ferma nel tempo. Ecco perciò spiegata la sua unicità: una Roma antica, vista con gli occhi di un viaggiatore rinascimentale e riproposta in un momento di grande fervore archeologico e rinascita della città come capitale di un Regno d’Italia finalmente unito geograficamente e culturalmente. Nel 1911 Prencipe viene infatti chiamato a realizzare una serie di panorami e vedute per la Mostra retrospettiva di Topografia Romana di Castel Sant’Angelo per le celebrazioni per il cinquantenario dell’Unità nazionale. Bibliografia G. Bedini, Paesaggi del Novecento, paesaggi d’oggi: le opere di Umberto Prencipe e i mutamenti dell’immagine della città, 2015 in “Luk”, N.S. 20.2014, Lucca, 2015, pp. 14-18. F. Pirani, Umberto Prencipe: visioni di Roma alla mostra del cinquantenario dell’Unità d’Italia, 2009, in “Umberto Prencipe 1879-1962. Realtà e visione”, Palombi, Roma, 2009, pp. 31-40.

Il drago del papa: storia dello stemma Boncompagni

a cura di Martina Casadio Nella storia della cultura occidentale lo stemma è uno dei pochi esempi di linguaggio figurato. Formalmente composto da uno scudo su cui vengono posate figure, nasce come segno di riconoscimento e si trasforma nel tempo in simbolo di prestigio e marchio di proprietà. Scolpito su palazzi, fontane, chiese e porte di accesso alle città o inciso su argenti e suppellettili, indica possesso, diritto di giurisdizione e di dominio, trasmettendosi di padre in figlio come rappresentazione tangibile di coesione e continuità. Roma racconta la sua storia attraverso i numerosi stemmi che si stagliano su monumenti di ogni tipo, a sottolineare il ruolo dei mecenati e committenti più illuminati, cardinali, papi o principi che fossero. Papa Gregorio XIII Boncompagni è tra questi: tra i massimi protagonisti del XVI secolo, fu docente di diritto all’Università di Bologna e colto giurista nei difficili anni della Riforma luterana. Il suo stemma gentilizio, il drago, divise protestanti e cattolici: i primi lo giudicavano la rappresentazione dell’Anticristo (come scritto nell’Apocalisse), i secondi l’animale fantastico che veglia sui destini del mondo. Secondo gli studi più accreditati di araldica il drago Boncompagni deriverebbe dalla discendenza della famiglia dai Dragoni dell’Umbria, il cui stemma presentava tre mezzi draghi dorati. Quando si originò il ramo bolognese dei Boncompagni si mantenne un solo drago, mentre il legame con i Ludovisi sul finire del XVII secolo vi introdusse le note bande d’oro oblique sullo sfondo. Da sempre associato ad un significato negativo perchè ritenuto una creatura generata da un serpente che ne ha divorato un altro, il “drago del papa”, ad osservarlo bene, presenta un dettaglio tutt’altro che trascurabile: una coda mozzata. Giacomo Boncompagni, figlio di Ugo Boncompagni prima divenire papa, in occasione della salita al soglio pontificio del padre aveva ingaggiato alcuni iconografi e letterati del tempo per creare il giusto emblema e dare una connotazione positiva al drago. La mancanza della coda, dove si riteneva venisse conservato il veleno della feroce creatura, lo rendeva perciò innocuo. Il Museo Boncompagni Ludovisi ricorda lo stemma di papa Gregorio XIII in molti dettagli architettonici (portone d’ingresso, finestre, fontane e pitture della grande volta del salone delle vedute), pittorici e decorativi. Tra i più interessanti ricordiamo i molti draghi presenti nel Ritratto di Gregorio XIII colto nell’atto di redigere il famoso calendario gregoriano o il Mappamondo seicentesco del celebre incisore di Strasburgo Matthäus Greuter personalizzato e dedicato all’illustre famiglia. Bibliografia V. Filamingo, Storia e arredi originali in “Museo Boncompagni Ludovisi per le arti decorative, il costume e la moda dei secoli XIX e XX: guida breve”, Editoriale Artemide, Roma, 2018, pp. 21-31. G. Zamagni, Il valore del simbolo, Il Ponte Vecchio, Cesena, 2003.

Franca Bettoja Tognazzi, un guardaroba da raccontare

a cura di Maria Ciccarella Franca Bettoja, attrice e moglie di Ugo Tognazzi sale al successo con il film L’uomo di Paglia di Pietro Germi nel 1958, che la vede protagonista e riconosciuta a livello internazionale, inizia a girare il mondo e a sviluppare un personale modo di vestire. Il suo guardaroba si arricchisce di un cospicuo numero di abiti da sera e da cocktail, in un periodo di grande affermazione del cinema Italiano, in una scena romana ricca di eventi mondani. Nel 2022 oltre ottanta dei suoi abiti sono stati acquisiti dalla Direzione Musei Statali della Città di Roma per integrare le collezioni di moda del XX secolo del Museo Boncompagni Ludovisi, dove sono ora conservati. Alcuni sono stati esposti a Castel Sant’ Angelo in occasione della mostra Franca Bettoja Tognazzi. La moda di un’attrice (13 dicembre 2022 – 19 marzo2023).  Nel 2024 il Museo ha promosso l’evento Moda in musica esponendo in quella occasione dieci abiti della collezione Bettoja. La mostra sottolinea le scelte dell’attrice: tessuti ricercati e impreziositi da perline e paillettes, fatture artigianali preferite alle grandi firme. Si espone tra gli altri un tailleur degli anni ’60 in shantung di seta rosa con blusa in chiffon. realizzato dalla Sartoria romana ‘Andreina’, la gonna presenta una linea a tubino, lunga fino al ginocchio con piega sul lato destro che simula uno spacco e giacchina ad un petto con collo a reverse. La blusa in chiffon rosa con scollatura a barchetta presenta un ricamo con paillettes, perline e giaietti rosa e verdi, a formare dei motivi decorativi verticali. La particolarità è dovuta al tessuto, lo shantung, che può derivare anche da un tipo di seta selvaggia, come in questo caso, a tinta unita, lucida, caratterizzata da una superficie ruvida molto irregolare e dall’ aspetto grezzo, durevole e resistente all’usura. Bibliografia Margozzi, L. Salerno (a cura di), Franca Bettoja Tognazzi: la moda di un’attrice, De Luca Editori d’Arte, Roma, 2023