La Cappella dei Condannati di Castel Sant’Angelo

Questo ambiente fu ricavato nella metà del Settecento dalla chiusura del portico della struttura fatta costruire come armeria da Clemente X intorno al 1670, a ridosso del Bastione di San Luca, per essere adibito a cappella dei carcerati destinati a subire la pena capitale nell’antistante Cortile delle Fucilazioni. La Cappella rimase in uso per tutto il secolo successivo fino allo scorcio del XIX e ancora oggi conserva il nome di Cappella dei Condannati. Destinata a diventare la nuova Sala Conferenze, essa è stata interessata da un progetto di restauro che ha inteso rinnovarla senza annullarne l’essenza e il suo essere testimonianza di ciò che era in origine e rifunzionalizzarne l’uso rispondendo a una esigenza moderna di adeguamento del Museo.

Sono stati studiati e restaurati i putti alati, le epigrafi marmoree, gli stucchi e tutti gli elementi lapidei che ne decorano le pareti probabilmente fin dai tempi del generale Mario Borgatti, ivi compreso l’altare in marmo policromo che lì venne collocato nel 1934, anno in cui, tra l’altro, stavano emergendo altri reperti dagli scavi che si stavano effettuando nel cortile delle Fucilazioni. Il nuovo restauro, attraverso delicate operazioni di pulitura, ha restituito la lucentezza e la levigatezza delle superfici marmoree, i corretti equilibri cromatici delle epigrafi, la brillantezza delle policromie, la originaria matericità degli stucchi. Gli elementi metallici ossidati sono stati liberati dai prodotti di degrado e trattati con adeguati materiali di protezione. In questa occasione, sono stati spostati i due putti alati che si trovavano sulla parete sinistra, per essere correttamente restaurati e riposizionati sulla parete opposta, ai lati dell’affresco staccato che domina l’altare, le cui superfici marmoree sono state restituite alla loro lucentezza. La vecchia pedana antistante, costituita da assi lignee non originali inserite in una struttura di marmo, estremamente degradate, sono state sostituite da una lastra marmorea in armonia con i materiali dell’altare.

Sulle pareti, che si presentavano tutte scialbate di bianco, così come sulle lesene e sulle stelle in stucco anch’esse ricoperte dal medesimo scialbo bianco, poste alla base delle campate voltate del soffitto, sono stati condotti alcuni saggi stratigrafici per studiare i livelli di intervento che si sono succeduti nei secoli.
Tuttavia, soltanto sulle stelle in bassorilievo sono state trovate tracce di una cromia originale, un colore ocra dorato che potrebbe corrispondere alla fase iniziale della struttura o ad una sua riproposizione eseguita in un secondo tempo. L’attuale restauro ha riportato alla luce il colore sottostante.

Il colore delle pareti sulle quali era presente solo una sovrammissione di scialbi recenti, è stato scelto all’insegna della rifunzionalizzazione dell’ambiente. La nuova tinta di colore rosso, senza dubbio d’effetto, permette inoltre una lettura perfetta dei reperti così restaurati, esaltandone le forme nei contorni e nei dettagli scultorei.

Se gli interventi di restauro hanno permesso la rivalutazione degli elementi lapidei e il recupero delle tracce di cromia dorata sulle stelle in stucco all’apice delle lesene, le complessive operazioni di recupero e rifunzionalizzazione articolatesi in vario modo, dagli elementi tubolari fonoassorbenti che scendono a diverse altezze dal soffitto a tutti gli arredi che definiscono la nuova Sala Conferenze, conferiscono una atmosfera nuova e suggestiva a tutto l’ambiente, richiamandosi alla teatralità delle suggestive immagini di opere come “Tosca” di Puccini, ambientata a Castello, e le Carceri di Giovanni Battista Piranesi, delle quali le collezioni del Museo conservano una completa tiratura, e che sono state d’ispirazione per la decorazione delle vetrate.